Quattro capanne o della semplicità : riflessioni sul libro di Leonardo Caffo

06.06.2022
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Libro molto interessante.

Detta una via per riappropriarsi della semplicità:

 L'unico modo per vivere autenticamente la vita. 

La capanna è un punto di vista in cui il soggetto egoico tende a fare coincidere il suo punto di vista soggettiva col punto di vista oggettivo del mondo. Quando uno nasce diceva Wittgenstein il mondo gli si catapulta addosso perché lui ha un altro punto di vista. L ego, la razionalità tende sempre più a isolare il nostro punto di vista esterno al mondo e la capanna è un modo per far coincidere i due punti di vista avvicinandosi.

Traccia la storia di 4 capanne dalla prima di Thoreau come una sorta di esilio dal mondo a quella di Unabomber che muove guerra a un mondo corrotto e corruttore, eremo di idillio. Poi c'è quella di Le Courbusier che è un lento distacco dal mondo prendendo congedo da esso e dalla civiltà fino ad arrivare a Wittgenstein che è la capanna interiore quella che ognuno deve portare dentro il suo sguardo volto alla semplicità.

Particolarmente affascinante è la seconda capanna. La capanna di chi si rinnega dalla civiltà decidendo di muovergli guerra .Un eremo esistenziale, un fortilizio dello sguardo che muove guerra al progresso. Il progresso, come ammoniva Terzani durante i suoi viaggi in Indocina, è omnipervasico. Non conosce limite. Il PIL, le strade, gli indici ,il fatturato la globalizzazione devono perennemente ed eternamente crescere all infinito.

Riflettendo su questo concetto è naturale che Sorgà la domanda: ma è sostenibile? 

Come tutti sappiamo, per una miriade di ragioni no: non lo è. Ma allora è legittimo muovere guerra a questa entità? Al mentale famelico che guida il progresso? Al mazziniano vizio che diviene diritto e dovere?

La parabola di Unabomber ha una risposta; e questa è negativa. È una guerra impari e inutile...l'unica vittoria è quella frutto di una lotta gandhiana, non violenta ma di comprensione e consapevolezza. È questa la matrice che ci porta infatti, verso l'ultima capanna: quella di Wittgenstein. Diversa è la capanna di Le Courbusier che è una capanna dell'uscita dal mondo di chi la vita l ha già vissuta. È un abbandono, consapevole. Quasi come i santoni indiani.
La capanna di Wittgenstein è la capanna di chi viene il mondo con consapevolezza, da chi non si appiattisce alla pura forma ma la vive pienamente con comprensione. Al termine del libro l'autore arriva a sfiorare un elogio all ignoranza intesa come il più alto grado di semplicità. Di vivere le cose ingenuamente. Va precisato che c'è ignoranza ed ignoranza. C'è un ignoranza buona, quella che potremo rappresentare con la idillio delle tribù che vivono semplicemente ed in armonia con la natura ignorando le grandi leggi matematiche del mondo e la scientifica cura dell' ego; e l ignoranza cattiva, quella frutto di pigrizia e accidia che porta ad una passività e d una chiusura dalla vita. Wittgenstein vorrà vivere nella semplicità, lascia la cattedra compie esperienze di lavoro come operaio non specializzato in URSS per calarsi nei panni di una vita normale semplice lontano da tutto ciò che è troppo artificioso.
La semplicità, la capanna è uno strumento per abbandonare l ego, inteso come malattia dell' anima e riavvicinarsi al mondo tendendo sempre più a fare coincidere il nostro punto di vista col punto di vista oggettivo del mondo. Noi infatti , secondo Wittgenstein siamo punti di vista esterni dal mondo e quando nasciamo il mondo ci viene buttato addosso. Ecco che con la morte il nostro punto di vista sparisce e rimane il punto di vista oggettivo del mondo.


Ecco che che la capanna è lo strumento per cercare quanto più di fare coincidere i punti di vista e di allentare le catene dell' ego.

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