Mela Marcia: analisi filosofica del nuovo disco di Chiello
Mela Marcia
Il nuovo disco di Chiello inizia con queste buie parole di eco quasi Leopardiano.
"Tutti quanti dormono
Sei rimasto sveglio solo tu
Mela marcia
Non ti importa più
Il colore delle pillole che mandi giù
Tutto è rotto
Tutti Soffocano con me".
Provandole a mettere in prosa:
Tutto è rotto, tutti soffocano con me ed ancora: tutti quanti dormono, sei rimasto sveglio solo tu che sei una mela marcia. Ma anche tu, vuoi addormentarti come gli altri perchè non riconosci più nemmeno il colore delle pillole che prendi per spegnerti e disconnetterti. Quello che vuoi è solo sparire, fonderti col buio della notte l'unico attimo in cui trovi la pace. Il tuo tempio è il letto, dove ci passi tutto il giorno, perso tra i tuoi mille pensieri che ti divorano la carne. Il letto è il medium grazie al quale puoi raggiungere il vuoto, il buio il non esserci. E quando sei fuori da esso, le pillole, le benzo ti possono aiutare a farcela.
Ma tu hai mai pensato a chi sei veramente?
Perchè se non ti sei mai de-costruito non potrai mai capirti...e tutto quello che ti succederà sarà un eterno loop infinito, un eterno algoritmo in cui verrai dilaniato dai mille aghi delle dipendenze della vita.
Ed allora chi non si conosce alla fine dei conti vuole solo sparire. Perchè la guerra contro la vita è destinata a scinderci e distruggerci. Quello che agogniamo è il buio e lo sparire. E quindi quando siamo svegli ci stordiamo con le pillole per disconnetterci da un mondo in cui non ci sentiamo più di appartenere. Su queste benzo, la sera: il nostro momento di festa per antonomasia, beviamo e ci spacchiamo. Perchè dobbiamo festeggiare l'imminente avvento della notte, e del nostro sparire. Anche se queste benzo ci causano cambi di umore e mood, come espresso dalla musicalità differente tra benzo I e benzo II.
A volte, al di quà delle nebbie e del buio, lampi di consapevolezza ci pervadono la coscienza. E quando siamo persi in sogni di morte ecco che ci svegliamo di colpo. Ecco che, oltre tutta la cortina di ghiaccio in cui ripetiamo a noi stessi che la morte non ci fa paura, il pensiero stesso della fine ci riporta coi piedi a terra al nostro esserci: al nostro vivere e dover morire.
Ed è tutta questa dimensione di conflitto interiore, che alla fine è un conflitto esistenziale, il palco scenico in cui si inscenano i nostri rapporti. Rapporti fatti di immagini e di barriere. Di guerra e dipendenza.
Perchè se non siamo noi a prenderci cura di noi stessi, nessun'altro potrà farlo per noi. Perchè ognuno in questa vita è confinato nel se: un se fragile, pieno di paranoie (ma davvero mi vuoi così? Stai già pensando di rimpiazzarmi...) da cui ogni ferita apre una breccia nel proprio guscio di gelo ed ego facendo fuoriuscire viscere tentacolose con cui ci si appiccica all'altro in una dipendenza malata. Ma l'altro chi è? Un immagine...un sistema solare, destinato a perdersi per sempre e mai a rimanere stabile. L'altro è solo un sistema tolemaico destinato ad essere confutato una, due tre volte; in un continuo farsi male reciproco. In queste gabbie relazionali, ognuno sente l'esigenza di cambiare (puoi fare meglio), senza procrastinare perchè il futuro, come il passato, non esistono e sono solo immagini mentali: stalattiti che si sciolgono al sole della realtà.
E dunque, ancora, ridiscendendo nelle viscere dei testi di Chiello, ognuno di noi si sente una mela marcia: un frutto divino destinato a marcire in quanto non si apprezza e riconosce da se. Va specificato adesso, che questo riconoscersi non è completamente un gesto di volontà propria: Gli algoritmi che ci condizionano sono forti e rigidi. Il processo di auto-maturazione e di auto-comprensione sono lunghi e difficili. Sono il frutto di esperienza e della responsabilità propria della riflessione.
Nel brano la mattina dopo, che segue Buonanotte, il concetto della dipendenza reciproca è esplicato chiaramente nella strofa: "Rimani tutto il giorno a farti mentre mi aspetti, solo per strillarmi addosso che mi detesti".
Segue il brano glugluglu, che insieme a buonanotte è uno dei brani più scanzonati del disco. Usando i pesci, animali di fondo, come metafora della nostra parte più profonda, l'autore intraprende con loro un dialogo difficile dal quale fuoriesce il concetto di semplicità, dell' accontentarsi più volte citato nell'album (sopratutto nella canzone a due passi da qui). L'eccessiva complicanza del nostro se, del nostro ego, che si protegge dentro infiniti sciami di parole e pensieri ci distrugge. Ecco che, come dicevamo prima, de-costruirsi contestualizzandosi e staccandosi dal melo paradisiaco per conoscersi, è in fondo l'atto di ritrovare la semplicità delle nostre pulsioni, della nostra parte animale, della nostra gioia e gratitudine. Perchè se non si torna semplici e liberi la guerra è inevitabile ed è a pochi passi da noi. Così, il brano a pochi passi da qui, ci dice proprio questo. Nonostante abbiamo gli strumenti per essere felici, non riflettendoci mai, facciamo scoppiare guerre inutili. Tanto nel mondo, che si erge quasi a manifestazione fisica della nostra interiorità quanto nel nostro rapporto di coppia. Perchè le relazioni e la nostra realtà fisica sono completamente influenzate dalla "responsabilità del nostro esserci".
Il tema dell'amore, essendo pur sempre centrale e mezzo espressivo del disco, appare quasi sfumato. Questo perchè contornia il senso profondo di ogni strofa. è infatti il tema dell'amore romantico sia a creare immagini sia a romperle. è il sale dei rapporti che si dissolve sul fondo, ma che è necessario a rivelarci. Questa è la bellezza. Quasi un dono divino così fuggevole a noi umani.
Tutti i concetti e le riflessioni fin'ora intraprese in questo breve testo culminano negli ultimi due brani del disco. La rinuncia al se ed al proprio ego, unico modo per liberarsi dalle catene della dipendenze, parte con la morte dei propri idoli (tutti i miei idoli sono morti). Uccidendo tutte le immagini che indirizzano i nostri pensieri e dominano la nostra vita ci si ritrova solo se stessi; un se stesso autentico e libero: sia dai ricordi, sia dai desideri e dalle proprie immagini. Tutto viene rotto (come la musicalità dell'ultimo brano algoritmo) e l'ostruzione dell'incipit che non ci faceva respirare si libera e non soffochiamo più.
Infine ecco l'ultimo brano: il più completo ed esplicativo dell'intero disco: Algoritmo. Questo loop infernale di condizionamento che ci domina e determina si fonde molto delicatamente coi i nostri istinti più profondi: di tenerezza e sessualità (e qui la bravura di Chiello nel rappresentarlo).
L'isolamento di ognuno di noi, le nostre paranoie, il non accettarsi, vengono scaldate dall'abbraccio reciproco, dal calore dell'altra persona perchè ci riportano alla dimensione originaria dell'abbraccio materno e della nostra epifania al mondo.
Questa è la dimensione originaria in cui veniamo affidati al mondo con questo calore, che ci fa sentire protetti. Ecco che allora, da grandi, nudi ed indifesi, sdraiti supini in talami d'amore, ricerchiamo nuovamente questa sicurezza, questa dolcezza, questo affidamento sicuro al mondo, questa fede nel calore umano (empatia, fratellanza, uguaglianza) che ci protegge da ogni cosa.
Perchè l'originario calore della madre non è il calore di nostra madre nello specifico ma il calore della Madre umana, di questa dimensione esistenziale prettamente umana che ci libera dai condizionamenti riportandoci, come citato prima, alle semplici e naturali radici umane.
In conclusione,
Musicalmente perfetto, Con una scrittura abissale e profonda, Mela marcia è uno splendido affresco apocalittico della nostra dimensione umana.