La leggenda di Sleepy Hollow: un racconto tra ancestraliá e modernità

Ichabod Crane ama la campagna. Ne fa un sogno, un rifugio di pace, natura e semplicità.
Come spesso accade anche a noi contemporanei che la idealizziamo. Ma il suo è un amore calcolato. Non cerca la terra, cerca una donna che gli assicuri un futuro. La natura è solo il palcoscenico di un'ambizione ben più terrena: sposare una ricca ereditiera o, in mancanza di meglio, una moglie capace di garantirgli stabilità. Il suo sguardo sulla campagna è lo sguardo del colono: romantico in superficie, economico nella sostanza.
Il fine che lo porta a vivere in campagna non è solo il sogno di un amore, ma un'illusione di trovare un mondo puro, semplice in cui poter orientarsi, sbaragliando la concorrenza e creare la propria fortuna. La campagna infatti altro non è che il frutto di violenza e ideali progressisti, di concezioni materialiste e dualiste del mondo. Quei terreni liberi appartenevano ai nativi americani, sterminati. Quei territori erano abitati da boschi, spiriti prima di essere livellati e terraformati. Quei territori ospitavano la vita prima di ospitare l'illusione e un'idea: la società occidentale: un idealizzata oasi di pace per coloni annoiati e nichilisti europei. Pronti a devastare l'ecosistema per realizzare il loro benessere; coltivare intensivamente il suolo, eliminare le relazioni ed i canali comunicativi con le piante e gli animali. Impiantando in un angolo remoto del mondo una società "fascista" nel senso di rigidità delle relazioni e idealismo del vivente e scissa con il mondo che li ospita.
La cultura senza mondo
Eppure, dietro la leggerezza del racconto, si cela una questione più profonda: il suo fallimento non è solo individuale, è il fallimento di una civiltà che si crede illuminata, ma che vive di illusioni. Quando il Cavaliere Senza Testa emerge dalle tenebre, Ichabod scopre che il mondo non è solo teoria. Davanti alla forza oscura della storia, la cultura non lo protegge. Non ha strumenti per comprendere, non ha voce per rispondere. Può solo fuggire.
Ichabod non può affrontarlo, perché per farlo dovrebbe riconoscerlo. Dovrebbe guardarlo in volto. Ma il Cavaliere è senza testa: non ha volto, non ha identità. È l'orrore che non si lascia nominare.
La cultura e il progresso non lo dissolveranno. La razionalità non ne farà evaporare la minaccia. Davanti al buio, l'intellettuale può solo sperare che la chiesa gli salvi l'anima. Ma il mondo vero e puzzolente, sporco, negativo, oscuro e profondo continua a inseguirlo.
E, alla fine, solo la politica ed il potere possono consolare un cuore sconsolato.