La crisi della narrazione - Byung chul han - ovvero l'origine del nichilismo contemporaneo

24.06.2024
Da dove deriva il nichilismo contemporaneo?

Perché noi moderni ci sentiamo così fragili, così confusi, così ansiosi?

Forse è normale per l'essere umano; ma guardando le arcaiche testimonianze dell'uomo, i poemi epico, le riprese di aborigeni, le parole di qualche anziano percepiamo una certa solidità, una certa stoicità nei confronti della vita.

Stoicitá che anche alcuni ragazzi dimostrano propagandandola come scelta di vita; ma proprio questa "propaganda", questa volonta di affermare continuamente un concetto, questa ansia di condividere e credere è un sintomo dell'assenza della stoicitá: è un sintomo del nichilismo.

Anche Byung dice che i racconti, le narrazioni quando sono inflazionate, tradiscono la propria realtà; la propria veridicità.

Una narrazione è un insieme chiuso di senso: che da forma e materia al mondo. Ma questo racconto per essere Vero ha bisogno di essere condiviso, non dal singolo, non dalla massa ma dalla realtà che contiene al suo interno.

La narrazione riempe il mondo, da senso al tempo: crea un passato ed un presente. Il cristianesimo è l'esempio di una narrazione. Il calendario cristiano da una direzione al tempo; senza direzione, senza profondità il calendario si svuota e diventa un'agenda.

E l'uomo che vive secondo un agenda, nella vacuità del tempo si sente vuoto e perso.

Ma da cosa deriva questo cambiamento antropologico?

Sicuramente dalla tecnologia e dall'impatto che ha avuto l'informazione sul mondo moderno.

L'informazione vive nel presente; l'informazione si esaurisce completamente nel suo effetto novità. Dopo di che rimane solo spazzatura accumulata. L'informazione è completa, non ha quella mancanza che contraddistingue il racconto. 

Il racconto per sua stessa natura è misterioso, mancante, obliquo. E questa misteriositá è da accettare completamente. Anche Terzani diceva "dobbiamo accettare che la vita è un mistero" uscendo da quelle gabbie di prevedibilità e calcolo.

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Un'altro fattore che ha contribuito alla crisi della narrazione è la crisi dell'esperienza. In un tempo appiattito ad eterno presente non è possibile avere esperienza. Il futuro si configura solo come un aggiornamento continuo del presente. L'esperienza, dicevano gli antichi, è maestra di vita, capace di donare all'uomo che l'attraversa saggezza: la saggezza dice Byung è una verità narrata.

 La saggezza è il lato epico (il racconto, l'iliade, l'odissea) della verità.

L'autore vede anche nell'uomo moderno la volontaria rinuncia all'esperienza. L'uomo moderno non vuole piú apprendere per "esercitare una sorta di libero arbitrio", non vuole piu fare tabula rasa per ripartire (con la possibilità di partorire degli orrori); L'uomo moderno sopravvive al presente. Viaggia nel presente avvolto e guidato da una miriade di informazioni complete e trasparenti risolvendo di volta in volta i problemi che si trova davanti. non accumula più esperienza ma skill di problem solving. Il futuro è assente; e senza futuro si perde la speranza.

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La narrazione è il mezzo con cui possiamo essere felici.

La felicità non è un evento puntuale, improvviso ma "una luce che si estende nel passato"; a caratterizzarla è una coda lunga che si estende nel passato. La salvezza ha bisogno di una tensione narrativa capace di attirare il passato nel presente, lasciandogli avere effetto nel presente e lasciando che esso risorga nuovamente. Son queste le parole con cui Byung descrive la felicità; una sorta di "luce" che splende nell'eterno ritorno del passato attraverso la forza della narrazione. Nella nostra epoca la felicità svanisce perchè non abbiamo piu un passato. Le stesse piattaforme social che usiamo per interagire nel mondo sono luoghi additivi, informatici che non riescono a narrare il passato ma sono discariche industriali di attimi presenti additivi tramite i quali non è possibile stabilire una "storia". Le stesse autobiografie, La stessa memoria non è frutto di un resoconto completo del passato, ma di una narrazione lacunosa su alcuni eventi accaduti che "in qualche modo" ci hanno risuonato. Una società che bandisce il tempo, che bandisce le "infrastrutture" tramite le quali esiste tempo, bandisce anche la felicità. Senza narrazione la vita è solo "sopravvivenza".
È lo stesso protagonista della Nausea di Sarte a percepire la sua vita come una noiosa e nauseante sopravvivenza: i giorni si aggiungono a giorni, ogni tanto si fa una somma e si calcolano glia anni. ogni evento è insignificante e ogni cosa da nausea. Il protagonista dell'opera troverà la sua guarigione grazie all'arte del nannare. Oggi però noi viviamo una profonda scissione che recita "vivere o raccontare". Da un lato si vive, o meglio sopravvive, dall'altro si narra. Le due cose vengono viste come attività separate. Ma è solo abbracciando una narrazione nella propria esistenza che i giorni non diventano piu cumulativi ma significativi. La nuda vita, efficente e trasparente è un inferno nauseabondo.

La narrazione dà profondita al mondo. Ed è la profondità, che si allarga attraverso il tempo e lo spazio che da possibilità di essere alla felicità. È forse l'immagine del cristo redentore una bella effige per rappresentare il concetto. Rappresenta la forza della resurrezione, la felicità di vivere l'attimo presente con profondità. Come se in questo attimo, il tentacolo lungo che avvolge il nostro passato lo facesse riemergere finalmente presente e libero. Questo ci darebbe speranza e felicità. Forse la stessa felicità malinconica che esprimeva Gozzano nelle sue poesie:

[cocotte]

Risorgeremo dal tempo lontano.

Vieni! Sarà come se a te, per mano,

io riportassi te, giovine ancora.

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O anche nelle due vie, in cui l'insignificanza di un incontro assume profondità e sublima l'attimo presente.
Ed ecco che per tutto questo la narrazione è essenziale per la felice vita delle'essere umano.

Una nuda vita, una vita spogliata di tutti, resa completamente informazione e trasparente non può più permettere la narrazione. La narrazione ha bisogno, come già detto, di tempo; la narrazione ha bisogno di paura, dell'inconoscibile. L'esperienza dell'horror vacui, l'esperienza della propria ignoranza porra l'uomo ha voler narrare. Un mondo completamente calcolabile, completamente nudo  e porno non consente la narrazione. L'autore riporta un libro che affronta la vicenda di un ragazzo che non sa narrare. Lo imparerà a fare solo quando avrá a che fare con la non "modellizzazione" prevedibile e calcolabile del mondo ma si tufferá nella magia e nel mistero che attornia la vita di tutti. La vita è mistero ed accettarlo vuol dire imparare a narrare.
Avere contatto con la vita provoca shock. Shock perché ci si "lancia in pasto" agli infiniti stimoli, alle infinite possibilità che un sistema complesso è in grado di generare. Ma per questo è importante farsi toccare da questi stimoli, è importante essere aperti. Affrontare la realta dietro lo schermo del proprio smartphone è una protezione dalla realtà. Vediamo l'esterno dietro ad uno schermo: non siamo liberi ne consapevoli ne vivi proprio come gli schiavi della caverna platonica.


La narrazione è infine posta in crisi dal modello neoliberale che punta all'efficenza e alla vendita. le storie collettive muoiono e diventano story telling per essere "commercializzabili". Ogni racconto non racconta piu il mondo e la comunità che ospita ma racconta un qualcosa di personale per separarlo dal contesto e venderlo come merce.


La comunità narrativa muore. 

Nasce lo storytelling.

La narrazione attraverso le fasi di un racconto serve ad affrontare la malattia, un'ostacolo una crisi: ha potere di guarigione. Questo è il fondamento della psicoanalisi. Senza tutto questo la vita diviene ansia nauseabonda grigia.








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