Francesco Bianconi: Atlante delle case maledette - spiritualità e Baustelle
13.06.2022
Le case vengono elettrizzate dalle persone che ci vivono. Perché la casa è il nostro angolo di realtà fisica dove le inclinazioni dello spirito ci portano ad accumulare dentro manufatti che sono espressione di un qualcosa di noi. L 'ordine eccessivo di alcune case rispecchia l ansia di chi ci vive, la mania di controllo, la volontà di proteggersi chiudendosi in un ordine apparente; altre case rispecchiano, con eccessiva merce accumulata, la pigrizia di chi ci vive, altre sporche e puzzolente la non curanza di chi le abita; altre, iper tecnologiche la mania di grandezza e amore del progresso (o frustrazione) di chi le vive.
Le case sono la nostra tana artificiale in cui sfoghiamo l'influenza che Lo spirito scarica sulla nostra mente.
Bianconi le racconta come scrigno di esperienze. Come spazio che diviene nel ricordo tempo. Come contenitore di significato che forgia la storia della sua persona.
Il libro è pieno di esperienze ancorate alle immagini delle case che l'autore ricorda. Queste esperienze narrate una ad una nei vari capitoli del libro, chiamati schede dall'autore, assumono la forma di racconti brevi; racconti in cui il ricordo ripercorre le planimetrie e gli spazi delle case abitate e si ferma a pensare al vissuto che un tempo riempí quello spazio ormai vuoto.
Amori, amicizie, legami sono tutte sperienze racchiuse in quegli scrigni. Scrigni che ci vanno a forgiare come persone. Scrigni pieni anche di oggetti che col tempo andiamo ad accumulare e che ci raccontano la storia. Ogni oggetto infatti ha un valore sentimentale. Nonostante molto spesso sia frutto di una produzione industriale, al momento dell'acquisto intessendo si in un esperienza diviene in qualche modo nostro perché lo "elettriziamo" con la nostra mente.
Ed in fondo, come riflette l'autore nelle ultime pagine, è la mente a proiettare alla nostra coscienza l'esperienza del ricordo. Le case sono strutture mentali, sono scrigni in cui vogliamo portare e custodire i nostri pensieri e le nostre esperienze sono barriere mentali in cui clusterizziamo la nostra memoria. Diventa allora impellente l'appello finale di Bianconi che ci esorta ad aprire le nostre case senza chiuderci dentro: perché nessuna casa è quella definitiva, perché nessun ricordo è di mattoni, ma sfuma ed assume significati nel tempo e nella nostra crescita personale. Le case devono essere aperte perché il nostro essere è aperto e non chiuso; non si identifica con nulla perché è libero di essere qualunque cosa. È ricorrente, specialmente negli ultimi testi dell'autore, come l'abisso, l 'intuizione di essere molte cose e di non essere niente. Di essere il ricordo custodito in una casa ma anche tutto quello che vi è sia nel vuoto fuori sia nel vuoto dentro. Giunge in nostro aiuto, con una bella immagine ,il racconto in cui Francesco Bianconi ricorda un trasloco. In questa esperienza infatti aveva noleggiato un magazzino da lui soprannominata : casa del cose. Bianconi ci racconta di come fosse tormentato dal fatto che tutti quegli oggetti si trovavano soli e "spenti" in una fredda stanza sotto terra. Questa frustrazione sfociava anche nel malessere che provava ogni volta che si doveva recare a recuperare qualcosa dal magazzino. L'unico modo per superare questo malessere viscerale fu un fortuito caso. Durante una visita al magazzino , Francesco si sente male e quasi sviene cadendo a terra. Qui si accorge di avere qualcosa tra le mani che lo punge. Apre la mano e vede una formica, un esserino vivo in mezzo alla freddezza di quel magazzino. A questo punto l'immagine che i suoi oggetti siano superfici da scalare per questi esserino lo tranquillizza.
" Non sono soli ed inutili!" questo è il pensiero che lo salva.
Come se il legame che avesse per le sue cose ( espressioni del suo ego e delle sue esperienze) fosse reso vivo dal flusso di qualunque espressione di vita su di essi... possono vivere solo se utilizzati.
Infatti ogni oggetto, ogni casa è viva solo se vissuta. Senza utilizzo sarebbe solo fredda e insignificante. Spazzatura.
All' improvviso, durante il racconto della sua esperienza a Los Angeles, dall' autore descritto come last corner of real USA, perché zuppa di barboni frutto della contraddizione del sogno americano l 'autore incontra un suo amico che vive in un ecovillaggio. Il discorso da lui fatto è interessante e costituisce il non detto che regge tutta la narrazione. L'uomo ha un anima nomade come quella degli zingari, come quella che ne costituiva la condizione essenziale di sopravvivenza nelle grandi migrazione della preistoria. Il fatto di chiudersi nelle case, in pertugi oscuri è un frutto del progresso che nella sua immagine e struttura di stato può controllare, isolando e rendendo "dipendenti" le persone incasellando le nelle case. Queste case chiuse che Celentano cantava in i want to know...che partoriscono figli che han già le rughe.
Forse il pensiero è possibile solo quando siamo fermi perché dall' immobilità del corpo per la legge dell' armonia nasce la mobilità del pensiero. Forse il dualismo e l angoscia che ne deriva ( insieme alla nostra fragilità, immaturità e bisogno di un controllo patriarcale esterno) dipendono dalla sedentarietà a cui il progresso ci ha abituati. Forse come dice il filosofo sud coreano byung chul han il passeggiare è un gesto filosofico perché ci riporta nella nostra condizione ancestrale di viaggiatori su questo mondo....chi lo sa? Sono temi che ci danno molto da pensare questi.
Bianconi comunque in questo libro sembra quasi confessarci che non riesce ad affrontare l'abisso che lo abita, il nulla che sente di essere in realtà. Come recita la sua canzone l abisso : " eppure non riesco ad affrontare il leviatano, ad incontrare a cena babadok". "Amo fare bella figura in società, alla mostra delle atrocità..." Ci sembra quasi confidare che ama la vita mondana , ama cantare e giocare con le immagini perché la vita non è niente ( cit la vita Baustelle) ed è tutta immagine. Vivere nella città con altri ragazzi ed esseri umani e giocare della vita e delle forme che essa assume. Un po' l'atteggiamento di Cruciani noto conduttore della zanzara: che ama dare voce a tutti per farli esprimere e divertirsi nella pluralità e a volte assurdità della vita stessa e delle varie prospettive degli altri esseri viventi, che se nello stesso stato amiamo chiamata concittadini. Forse questo atteggiamento è più radicato nel centro Italia dove da decenni gli uomini che ivi nascono si trovato a coabitare con la bellezza delle architetture rinascimentale e il rigogliare di una natura prospera. Dove si mangia bene e si vive tra la bellezza della natura e dell'uomo. Quella bellezza che chiamava così tanto gli uomini di quelle terre a disegnare un Dio bellissimo ed incarnato che potesse godere con loro della bellezza della vita e delle sofferenze della stessa. Sofferenze che si fanno estasi e santità.