Figure umane
Due sagome, due figure, silenziose; umili, non urlano, non fanno rumore per farsi notare. Sussurrano silenziosamente, ci invitano a concederci il dono dell'ascolto, quell'ascolto che è un ponte verso l'altro, che ci fa andare oltre noi, che ci schiude l'altro. Ebbene, queste figure non ci impongono di dargli attenzione; per capirle, per comprenderle dobbiamo fermarci, acquietarci, ascoltare, finalmente concederci: il Borotto ci fa questo dono: in questo mono frenetico che ci fa restare sempre nell'ego, ci chiede di concederci. E se noi ascoltiamo queste figure, percepiamo qualcosa che è oltre le apparenze esteriori, percepiamo l'essenza, il segreto, l'intimo celato nell'uomo. E così è anche nella nostra vita: se non osserviamo né ascoltiamo mai profondamente vedremo solo il sembiante esterno, la maschera: sicura, sfacciata, dura, composta, aggressiva, spenta, fredda, cupa, rigida, impenetrabile, chiusa, muro, paraluce, barriera; se invece abbiamo uno sguardo più profondo, vedremo l'interiorità, l'essenza: fragile, piccola, ingenua, sola, ferita, in cerca d'amore. È questo anche uno dei magnifici doni dell'arte astratta ed informale: andare oltre le forme esterne, vedere oltre, rappresentare il celato, l'intimo, l'invisibile; dono che il Borotto ha colto eccellentemente. La pittura del Borotto è intima, sensibile, vicino all'uomo ed alla sua sofferenza, alla sua solitudine, alle incomprensioni. La pittura del Borotto vede nel profondo, si immerge nell'informe dell'inconscio... Da queste due composizioni emerge come una solitudine dell'uomo, un dolore celato, un dolore che non trova momenti per esprimersi; in queste due composizioni convivono il tepore dello sguardo umano del Borotto insieme alla freddezza del contesto in cui si trovano le due figure: un contesto in cui manca l'affetto, la comprensione, la comunicazione, la capacità di esprimersi. Pare questo un omaggio alla solitudine di molti uomini che fuori magari ostentano sicurezza, rigidità, sorrisi ma che non conoscono vicinanza umana, carezza, che non riescono a comunicare con la loro fragilità, sensibilità, il loro aspetto dolce.
Nella prima composizione, quella in nero, la figura è tracciata da pochi tratti di pennello. Si nota la sapienza del Borotto nell'uso del pennello grazie alla quale con poche pennellate è in grado di creare una figura ricca di vita e profondità. Le pennellate sono poche, asciutte, scarne, e paiono comunicarci la scarsezza di una vita, di attenzioni, di comunicazione, di cose, di circostanze gioiose. La figura si trova in un angolo, come di chi abbia imparato a stare in disparte, a guardare gli altri felici da lontano, ad ascoltare senza parlare, o a parlare senza mai comunicare.
Nella seconda composizione la figura è creata dal cadere dell'acqua, è una macchia. È interessante notare il processo creativo dell'artista, il quale lascia che le forme emergano e vengano create dal casuale cascare dell'acqua; si può dire che un mondo con tutte le sue forme venga creato dal gocciolare dell'acqua, dal cadere dell'acqua, da una pioggia, da un temporale. Il Borotto isola una piccola parte di questo mondo. La composizione acquisisce risalto e poeticità dallo sfondo del cartoncino nero in contrasto col giallino delicato ed il verdino bottiglia, urbano, quel verde che ricorda un cielo da diluvio. Una figura umana emerge, fugace come acqua che scorre su un vetro di un bus: un uomo, di spalle, coperto da un pastrano, avanza sconsolato, con l'accettazione della rassegnazione, in un paesaggio freddo e solitario.