Diario di un ventenne: l'università

07.09.2022

Ciao a tutti. Capperi, oggi voglio parlare della mia

esperienza universitaria che posso sintetizzare

con una parola: orribile.

Perché dico questo? Perché a parte non essermi

servito a niente, in termini di preparazione e in

termini di opportunità lavorative è stato anche

molto pesante. Il dover imparare a memoria

quintalate di teorie e formule che non hanno

minimamente riscontro nella realtà. Lo studiare

qualcosa di sociale (come l'economia) con

ossessione e rigore matematico mi ha lasciato,

nel pieno del mio percorso senza forza di

volontà. Andavo avanti per inerzia,

appoggiandomi a qualche secchione di turno.

Ho passato egregiamente esami, senza sapere

neanche di cosa parlasse la materia trattata...ho

visto compagni cadere negli abissi della

frustrazione e dell'ansia.

Ho sofferto molto il mortorio dei rapporti

interpersonali tra gli studenti dei dipartimenti

scientifici...solo orientati ad un cameratismo

finalizzato al passaggio dell'esame di turno.

Non si era interessati a conoscersi veramente; a

scoprire veramente come funziona il mondo...ma

ognuno era interessato solo al suo ritorno

personale...troppo era la pressione familiare ed

egoica sopportata da ognuno.

Ricordo bene il senso di autosfruttamento ed ottimizzazione a cui

ogni studente era sottoposto. Si guardavano i video di come

schedulare al meglio la propria giornata (grazie ai consigli dei

migliori studenti di Oxford) e si resisteva alle varie sessioni pomodoro

di studio.

Ad ogni esame vi era qualcuno che stava male, qualche attacco

nervoso di diarrea, uno sciamare interminabile di tic, riti ed

angosce.

Tutto questo per cosa? Per quale risultato? Nessuno.

Si viene costretti ad affrontare un percorso universitario, solo da

un bieco ed insulso conformismo. Solo affinché i nostri genitori si

possano vantare dei nostri traguardi, indifferenti alla qualità del

tempo della nostra giovinezza.

Perché cari lettore, sono i più splendidi anni di gioventù quelli che

si vivono tra i banchi di scuola; e questi vengono sprecati e dati in

pasto alla mente e ad un sistema che non vuole altro se non

uniformarci, spegnerci e standardizzarci.

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