Emilio Lussu - un anno sull altopiano
03.09.2025
IN ARRIVO IL LIBROGAME SULLA WWI
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C’è un punto cieco nella guerra, una fenditura attraverso la quale la realtà si mostra nuda, senza veli di eroismo né maschere di gloria. In quella fenditura si colloca Emilio Lussu. Sobrio, silente, custode tra uomini storditi dall’alcol e dal terrore. Egli vede, e questo vedere è già miracolo.
Mentre gli austriaci caricano urlando, e l’aria si impregna come di cantine spalancate da cui escono i vapori del cognac, Lussu rimane. Non partecipa all’ubriacatura collettiva. I suoi occhi registrano gli sguardi folli dei tenenti italiani, le pupille che ruotano nel vuoto, le parole sconnesse dei comandanti che si illudono di governare il caos. Generali come Leone, ombre gonfiate dalla propaganda, non conducono: spingono uomini a morire, ciechi anch’essi, ma non di vino, di vanità.
È una guerra disordinata, che spara sui propri soldati, che non sa dove siano i suoi reparti, che avanza come un cieco nell’oscurità. In questo teatro, Lussu non si erge a eroe: resta testimone. Protetto da una provvidenza muta, si muove tra gli uomini come presenza vigile. Non alza la voce, non grida ordini: osserva. La sua sobrietà è più forte dei fucili, più resistente dei cannoni.
Attorno a lui nulla è sano. La guerra trasforma ogni gesto in follia, ogni parola in rumore. Non c’è eroismo se non nella resistenza muta, non c’è gloria se non nel sopravvivere. I soldati sono esausti, annientati dalla paura e dall’attesa, mentre il nemico, a tratti, mostra più umanità che i propri comandanti: spara in aria, rinuncia alla carneficina, arresta l’assalto senza infierire.
E Lussu, unico sobrio, porta negli occhi la memoria di tutto questo. Non combatte per la vittoria ma per la testimonianza. È custode del tempo, colui che veglia in mezzo all’ubriacatura universale. Se la guerra è follia, la sua scrittura diventa l’unico spazio di lucidità possibile.
Il miracolo non è l’eroismo, non è la conquista, ma lo sguardo che resta limpido mentre tutto intorno è torbido. Lussu non è più soltanto un soldato: è l’occhio che resiste, il silenzio che custodisce, la voce che un giorno racconterà l’incommensurabile scelleratezza della guerra.
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Un anno sull’Altopiano: Emilio Lussu, Ungaretti e la guerra al confine
Emilio Lussu nel suo libro Un anno sull’Altopiano racconta la vita dei soldati durante la Prima guerra mondiale: non solo scontri armati, ma attese infinite, silenzi, paure. L’altopiano diventa simbolo di resistenza e sofferenza, un luogo dove il tempo si piega alla guerra.
Ma chi vive davvero la guerra? Non solo i soldati. Gli abitanti dei paesi di confine sono i primi a fuggire, costretti a lasciare le case, le famiglie, i ricordi. È sul confine che la guerra si sfoga con più violenza: lì si sente più vicina, lì colpisce la vita quotidiana.
Il poeta Giuseppe Ungaretti, anch’egli in trincea sul Carso, ha scritto una delle poesie più celebri della sua raccolta L’Allegria:
Si sta
come
d’autunno
sugli alberi
le foglie.
(Soldati, 1918)
In questi versi si ritrova lo stesso dolore che attraversa il libro di Lussu: la fragilità dell’uomo, la precarietà della vita, la consapevolezza che basta un soffio per cadere.
Perché leggere oggi Lussu e Ungaretti?
Per capire come la guerra segna i confini, prima ancora delle nazioni intere.
Per sentire la voce di chi ha vissuto il fronte e l’esodo delle popolazioni.
Per riscoprire testi che non sono solo memoria storica, ma specchi ancora attuali.
