La chiamavano bocca di rosa: un omaggio del Borotto a De Andrè

Bocca di rosa è libertà, la pittura del Borotto è libertà. Se dovessi trovare la parola che meglio descrive la sostanza della pittura del Borotto forse direi: libertà. Libertà dalla forma, dal canone, dal conformismo, dall'accettabilità, dal consenso, dal concetto. Bocca di rosa porta la libertà in un paesino, ma la libertà è pericolosa, è rischiosa; la libertà fa paura... Perché disturba l'ordine sociale che ha disegnato i confini, che ha costruito le caselle in cui ognuno si è stabilito, in cui ognuno ha trovato la propria sicurezza; la libertà inoltre è invisa ed infastidisce le comari perché le fa vedere quello a cui hanno rinunciato.
Per questo bocca di rosa è una fuorilegge, come sembra trasparire anche in questo quadro. Bocca di rosa infatti è una ladra d'amore, bocca di rosa è una ladra di sicurezze, di accidia, di comodità; e la società odia in particolare questo genere di ladri perché gli ricordano ciò a cui ha rinunciato, le gioie che a perso per ricercare la sicurezza, la stasi, la prevedibilità; perché essi sono un pericolo per l'ordine costituito, perché ci fanno ricordare come potrebbe essere la vita, ci potrebbero far vedere la monotonia della vita in società e quindi ci potrebbe far venir voglia di distruggere i legami della società.
Ecco allora che arrivano prontamente i gendarmi, che di solito non sono così diligenti: ma questa è proprio una questione di stato. E così bocca di rosa se ne va. Bocca di rosa è sfuggevole, è un baluginio momentaneo, una cometa di un secondo, così come sono le persone libere. Infatti queste persone non sono accettate e vanno via. Per questo il tratto del Borotto è così sfuggente, veloce; l'immagine sembra quasi sfuggire sotto i nostri occhi, sembra quasi che un vento forte la trascini via portando via i tratti del volto, lasciando solo un vago sembiante e una nostalgia di una cosa cara, quello che resta a chi l'ha conosciuta.