Beowulf: il poema epico dei vichinghi. Riflessione e analisi filosofica

25.06.2023
(Tratto dalla postfazione alla seconda edizione)

Il Beowulf
è un manoscritto giunto a noi in un unica copia.


Un unica copia: Un unica testimonianza su un mondo passato

Il Beowulf è un medium attraverso il quale riusciamo a respirare l'atmosfera e gli umori di un epoca ormai dimenticata. I costumi, le usanze, i re, le vicende politiche, le strutture di scrittura, i personaggi famosi, gli eroi i nemici, le fantasie, le paure, i timori ed ogni altra cosa umana.

Nel Beowulf vi è tutto. 

Vi è tutto dell'uomo. Il Beowulf non è solo una miniera di reperti archeologici, come insegnava Tolkien; bensí un'ottima storia. La storia della battaglia tra eroe e mostro, tra bene e male.

Ma vi è ancora di piú. 

Nel Beowulf emerge, come il lettore avrá capito dalla serie di note dell'autore alla chiusa di ogni capitolo, anche una vicenda umana: frutto dello scontro tra società e la natura. Hrotgard ed i suoi uomini si trincerano dal male, dall'esogeno, dall'esterno dietro le mura di Herot, dietro il potere del Cervo e l'alleanza tra popoli. Tutto quello che non riescono a dominare lo rimuovono, non lo contemplano. Ecco allora comparire Grendel, come se fosse l'incarnazione di una variabile che non si può tenere sotto controllo. Grendel tormenta il popolo dei danesi apparentemente senza un motivo. Grendel, viene solo detto, è un figlio di Caino e dunque del tradimento. Grendel è fuori dal legame di fiducia (feudalesimo) che ha reso grande Hrotgard ed il popolo dei danesi. Grendel è indomabile perché non è comprabile. Grendel è potente perché risponde ad un'altra dimensione diversa da quella umana. Ma in quella umana trova la sua manifestazione fisica e dunque è con essa che è costretto a scendere a compromessi e a subirne dolore. Ecco allora, frutto di tale accezione, la sofferenza di Grendel; la sua incarnazione ed elevazione a simbolo dell'escluso e del reietto. Dell'ostracizzato e del mostro. Insomma, di colui che non fa parte della comunità. In aiuto a questa interpretazione ci giunge il poderoso libro di Gardner: Grendel

Qui la creatura viene presentata come orco esiliato, appunto, dal mondo degli uomini. È il libro da cui tra origine l'interpretazione della creatura come sofferente ed alienata dal mondo. In Gardner, l'orco soffre e si dispera quasi come se fosse un moderno Frankenstein. Sua madre, la sua creatrice, non è nemmeno in grado di comunicare con lui. Lo avvolge e scalda solo nel suo corpo materiale e terreno ma non comunica. Così, Grendel, che in se ha l'innata socievolezza dell'uomo cerca altro. Cerca il mondo. L'alterità che gli permetta di autodefinirsi. Il confine doloroso tra lui e l'altro. Lo troverá inizialmente nelle sue prime escursioni fuori la grotta della sua genesi, quando incontrerà gli animali ed il mondo vegetale ed infine: nel contatto con Hrotgard ed il suo popolo. L'uomo per Grendel è l'unica creatura con cui riesce "quasi" a comunicare. Ma nonostante questo, in quanto orribile e diverso, viene attaccato e respinto. Il rapporto che intesse inizialmente Grendel con i danesi sfocerà nella futura trasformazione di quest'ultimo in mostro: in profeta di sventura. Per capire bene questa trasformazione ci viene in aiuto l'autore in un raro documentario a cui si era prestato.

 Qui definisce l'esistenza di tre tipologie di uomini: gli uomini, coloro che vivono liberamente la propria natura umana, i clown, ovvero coloro che avendo coscienza e raziocinio, competono con gli altri uomini per il potere e per invidia ed infine: i mostri. Questi sono coloro che avendo coscienza della propria dimensione mortale ed umana, distruggono e demoliscono qualsiasi idea, qualsiasi ideale perché vane. Sono gli araldi del nichilismo. Sono coloro per cui nulla ha senso e tutto è vano. Tutti i valori si svalutano.

Ecco allora, cosí rappresentato Grendel nella sua accezione di mostro. In Gardner Grendel fa di tutto per distruggere le illusioni di elevatezza degli uomini. Tormenta Hrotgard per dimostrargli che il suo potere è solo vano ed illusorio ( contro la natura che governa le sorti umane non può niente, e la sua è solo una patetica messa in scena). Tormenta Unferth, che vuole fare l'eroe, mostrandogli che è solo un uomo e non può nulla contro di lui nemmeno con il suo eroismo e il suo pathos sacrificale ( Dopo essere stato sbeffeggiato in un incursione di Grendel al Cervo Unferth cercherá la morte inseguendo la creatura nella sua tana, ma questa, lo risparmierá condannandolo al perpetuo tormento per la propria impotenza). Ed in ultimo Grendel distruggerá anche la figura della donna. Capace con la sua importanza di portare pace e tranquillità tra i danesi e i frisoni ( Hrotgard riuscirà a combinare un matrimonio diplomatico per la pace tra i due popoli grazie alla potenza della figura femminile di Wealthow).

Ma nel libro di Gardner non vi è posto per Beowulf. Per quale motivo?

Chi è, chi rappresenta Beowulf?

Forse, come già detto nelle note del libro, Beowulf è il simbolo del nuovo eroe cristiano. Forse è un Enea del nord, che fa della pietà, del coraggio e dell'empatia le sue armi migliori. Beowulf riconosce Grendel, rimane sveglio ad aspettarlo, non si assopisce nella sua paura. Beowulf sfida apertamente ed alla pari la creatura. Dunque Beowulf apre una quarta via alla visione delle tre tipologie umane di Gardner, quella della spiritualità. Non la spiritualità della chiesa, intesa nel senso dei sacerdoti, preti e ordinamenti religiosi. Ma quella dell'uomo che vive con consapevolezza, coscienza e responsabilità. La responsabilità delle proprie azioni, del rapporto con gli altri che siano amici o nemici. 

Beowulf è un uomo, perché vive armoniosamente con l'ambiente e con la forza del suo corpo ma non è nè un clown nè un mostro. Conserva in sè la consapevolezza della propria mortalità e della propria limitatezza; ma le padroneggia; le rispetta e vive appieno responsabilmente. Non cerca ne ricchezza fine a se stessa ne l'eroismo per ottenerla. Vive di aiuto al prossimo e naturalezza. Beowulf è un eroe spirituale. Che agisce senza troppi ideali ne parole, che accetta la morte e vive con la morte. Non disdegna il diverso ma lo accoglie inclusivamente. Affrontandolo alla pari, senza barriere ne chiusure.

Beowulf è l'archetipo del cavaliere bretone, protagonista del successivo ciclo arturiano. È il simbolo dell'uomo valoroso che parte per aiutare gli altri. È un eroe cosí diverso dalla nostra cultura italiana fatta di politica, intrighi, arte e ideali.

Insomma il Beowulf si presenta a noi come la quarta via da percorrere.

L'unica via che porta alla salvezza.

Nemmeno Hrotgard, a cui il suo popolo ha attribuito origine divine (da scaefing) perché ha portato ai danesi benessere e ricchezza, può nulla contro Grendel. Perchè Grendel simboleggia il suo trauma, la sua chiusura al mondo, le sue paure, il suo diverso, insomma: colui che gli dà un senso ed un motivo grazie al quale unire il suo popolo. Ma non riuscendolo ne ad accettare ne ad inglobare ne viene inevitabilmente terrorizzato. 

Grendel è dentro di lui.

 È il suo tormento.

Il film Beowulf di Baker rappresenta Grendel appunto, come un ombra spettrale che si aggira nel castello di Herot. Impossibile da estirpare. Sanguinaria e tremenda, quest'ombra attanaglia i Danesi dall'interno mentre resistono ad un perpetuo assedio nemico chiusi dentro le proprie alte mura (barriere col mondo).

Simile è la rappresentazione di Grendel nel film di Zemeckis. Qui Grendel viene rappresentato come frutto (figlio) di Hrotgard; come simbolo della sua fragilità umana che non riesce ad accettare. È il prezzo da pagare per la sua lussuria, per la sua  "mollezza" causatagli dal potere che lo ha fatto credere in grado di conquistare qualsiasi cosa, perfino una strega.


In tutto questo comunque, Grendel, può beneficiare solo della compagnia di sua madre. Della sua genitrice.

Al di lá delle interpretazioni varie, l'unica figura che co-esiste con Grendel (oltre a Beowulf) è sua madre. 

La madre però è anch'essa altro da lui.

L'ha generato e l'ha cresciuto nel suo atto istintivo di femmina e, come ci dice Gardner, vive fusa nella grotta in cui Grendel abita, come se fosse l'utero che accoglie il figlio.

Questa interpretazione della madre quasi come un'antica venere paleolitica, connotata dalla perfetta fusione con la natura, tanto da elevarla a dea la ritroviamo anche in un'altra reinterpretazione del mito di Beowulf ovvero nel film del tredicesimo guerriero di Kroeger. Qui Grendel viene rappresentato da un antica popolazione quasi preistorica che attacca Herot al fine di consegnare le teste dei loro nemici alla loro grande madre e dea.

In tutte queste opere però, come nel poema originale, la madre seguirá le stesse sorti del figlio e, dopo aver attaccato Herot per vendicarne la morte, sarà seguita da Beowulf ed uccisa nella sua stessa tana.

Forse è il film di Gunnarsson "Beowulf e Grendel" l'unica trasposizione cinematografica fedele all'originale ed anzi, in un qualche modo, piú fedele ancora del cotton vitellius in quanto terminante proprio con l'uccisione della madre.

 Come scritto nelle note del libro infatti, la vicenda del drago è sembrata da sempre agli studiosi come aggiunta postuma al poema, attua a chiuderne la vicenda con la morte del suo protagonista.

Nello scrivere questo libro ho cercato di riprodurre tutte queste influenze e riflessioni poiché il Beowulf è si una miniera di storia ma anche di riflessioni, accadimenti e umanità; è dunque per questo un manoscritto vivo, con la sua storia, i suoi cambiamenti ed i suoi ponti verso l'altrove. Ecco allora che integrare diversi stili narrativi, una struttura flessibile ed elastica penso sia il modo più efficace per ridare linfa vitale al racconto cercando di diffonderlo, per quanto possono per le mie forze, nel nostro paese; facendo risuonare tra le strade dei nostri piccoli centri urbani, tra le vette arse delle nostre montagne, tra i flutti polimorfi dei nostri mari ancora una volta, la sua antica leggenda.

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